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> Ratatouille, Pixar Animation Studios
MacLo
messaggio 19/10/2007, 23:10
Messaggio #1


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bhè... c'è poco da dire quando entra in gioco la Pixar...
SSSTTUUPPEENNDDOO!!!!! clapclap.gif clapclap.gif clapclap.gif

Messaggio modificato da kekkomon il 27/8/2014, 16:16
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newland
messaggio 24/10/2007, 10:16
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Allora, finora la Pixar ha fatto sempre film sopra la media per quanto riguarda animazione 3D e soprattutto idee originali che sono secondo me il suo marchio distintivo. Nel corso degli anni ha raggiunto livelli più (Nemo, Monsters & co., Gli Incredibili) o meno ( Toy story, Cars) eccelsi. Ma purtroppo l'effetto 3D è sempre stato per me inevitabile e a volte fastidioso (non quanto i 3D insopportabili di altre case di produzione). Devo ammettere che Ratatouille sta una spanna sopra tutti gli altri in questo senso: forse la scelta di Parigi, dei suoi colori, delle atmosfere soffuse e calde ha contribuito all'addolcimento della inevitabile freddezza passata!
Diciamo Ratatouille segna un passaggio importante che da al 3D nuova dignità ponendolo accanto ad una rinascita del beneamato e insuperabile 2D e non al posto della "vecchia guardia". Questo mi rincuora alquanto: ho sempre odiato il digitale anche perchè è stato sempre presentato come un "sostituto" dell'animazione a matita... I tempi e il corso degli eventi ci stanno insegnando che non è così, che sono due cose ben separate anche se simili.
Oltre a questo, Ratatouille è un'operazione degna di nota e onestissima. Innanzitutto non fa parte di una serie di gag ormai riciclate e messe insieme per fare botteghino. Non c'è nulla di scontato e banale che dia la sensazione fastidiosa del "già visto un milione di volte". Non ci sono volgarità, ma tutto mantiene un livello di eleganza e raffinatezza che spinge naturalmente lo spettatore a portare rispetto... insomma un'operazione che punta solo sulla qualità!
Poi vorrei sottolineare il senso di rispetto verso il passato ma la voglia di fare sicuramente meglio pur mantenedo lo spirito originario di un'azienda come la Disney. Molte somiglianze (non fisiche) ho riscontrato tra Gusteau e Walt! Il senso di inferiorità e di impotenza dei cuochi nei confronti del venerato ex capo provoca solo frustrazioni e chiusura verso l'arricchimento apportato dalle nuove leve: nei contenuti speciali della sirenetta viene raccontata la stessa cosa che accadde negli anni '80!
Sarà di buon auspicio? Secondo me si.
Dopo aver visto i Roboinson e adesso Ratatouille, gli omaggi al "cuore" di Walt Disney mi hanno fatto uscire dalla sala abbastanza sddisfatto e rassicurato.

Una menzione a parte va alla splendida colonna sonora di Michael Giacchino che ha fatto davvero un lavoro efficace, orecchiabile, intelligente ed "energico". Non mi capitava da tempo di ascoltare e riascoltare un OST con tanta frenesia...

Bravi ragazzi, avete fatto un ottimo lavoro!
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GasGas
messaggio 24/10/2007, 16:59
Messaggio #3


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se con ratatuille il 3d ha finalmente raggiunto dei livelli eccezionali e non più plastici...non oso immagine la tecnica mista 2d/3d di raperonzolo che cosa potrà mai essere wub.gif che bello wub.gif wub.gif wub.gif non vedo l'ora wub.gif
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Principe Filippo
messaggio 25/10/2007, 14:34
Messaggio #4


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CITAZIONE (newland @ 24/10/2007, 10:16)
Molte somiglianze (non fisiche) ho riscontrato tra Gusteau e Walt! Il senso di inferiorità e di impotenza dei cuochi nei confronti del venerato ex capo provoca solo frustrazioni e chiusura verso l'arricchimento apportato dalle nuove leve: nei contenuti speciali della sirenetta viene raccontata la stessa cosa che accadde negli anni '80!
Sarà di buon auspicio? Secondo me si.


anch'io avevo notato questa somiglianza dopo aver visto i contenuti speciali della sirenetta, soprattutto nel discorso che fa colette sul fatto che Gusteau era un innovatore e improvvisava mentre loro dovevano solo attenersi alla ricetta che Gusteau aveva lasciato loro.

poi un'altra cosa, ma la scena di Remy che fa le rapide nelle fogne sopra il libro di cucina non ricorda anche a voi l'apprendista stregone? eheheh.gif


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GasGas
messaggio 25/10/2007, 16:08
Messaggio #5


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CITAZIONE (Principe Filippo @ 25/10/2007, 15:34)
poi un'altra cosa, ma la scena di Remy che fa le rapide nelle fogne sopra il libro di cucina non ricorda anche a voi l'apprendista stregone? eheheh.gif
*

è vero!!!!non ci avevo pensato w00t.gif effettivamente è un topo su un libro in balia delle rapide w00t.gif non ci poteva essere riferimento più azzeccato w00t.gif
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Pan
messaggio 26/10/2007, 0:08
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CITAZIONE (newland @ 24/10/2007, 11:16)
Dopo aver visto i Roboinson e adesso Ratatouille, gli omaggi al "cuore" di Walt Disney mi hanno fatto uscire dalla sala abbastanza sddisfatto e rassicurato.
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E' la stessa sensazione che ho avuto io; sono sicuro che la Disney ha in serbo piacevoli sorprese per il futuro.

P.S. I miei complimenti per la tua splendida recensione. smile.gif


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giagia
messaggio 26/10/2007, 12:06
Messaggio #7


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Ratatouille: rinascere con semplicità.
Forse è destino che i topi siano di buon auspicio al mondo dell’animazione, così come Topolino, nel remoto 1928, rappresentò il primo personaggio animato vero e proprio e “Basil l’Invesigatopo” accompagnò la prima applicazione estensiva della computer grafica in un lungometraggio animato, così il piccolo Remi assicura la perfetta fusione tra animazione 2D e 3D animation. Altrettanto veritiero è il parere che, se dai tempi di Toy Story, i film realizzati dalla Pixar hanno sempre avuto scarsi legami con lo Studio Disney, che si limitava a finanziarli e sponsorizzarli, Ratatouille rappresenta il primo film in cui la più classica tradizione disneyana si sposa con la ormai assodata maestria dello Studio Pixar. Di sicuro tale cambiamento è anche dovuto alla recente acquisizione da parte della Disney dello Studio di Emeryville e della recente nomina a capo dello sviluppo creativo della Disney Animation di John Lasseter e fondatore della Pixar stessa, che aveva iniziato la sua carriera proprio nella casa del topo. La vicenda, liberamente ispirata ad un vecchio cortometraggio della Disney (“Il mio amico Beniamino” in cui il piccolo topo Amos incontrava Benjamin Franklin ispirando tutte le sue invenzioni), prende luogo a Parigi, ritratta fotorealisticamente con la cura dei più piccoli dettagli, ma con il rispetto per la magica atmosfera della città sin da quando, dopo una carrellata verticale che sale dalle fogne verso i tetti dei palazzi cittadini, si spalanca sullo schermo con le sue mille luci ( è da notare che Parigi è la prima metropoli europea rappresentata dalla major dopo Sidney ne “Alla Ricerca di Nemo”, il deserto californiano di “Cars” e Mostropoli in “Monsters & Co.”). L’atmosfera calda, dai colori marroni, bianchi e neri, riflette il messaggio del film in favore della tradizione e delle cose semplici e si sposa con un’illuminazione soffusa. Il personaggio protagonista è caratterizzato magnificamente, diviso dall’appartenenza alla sua famiglia d’origine e i suoi sogni di diventare uno chef, apparentemente proibiti ad un topo; il suo magnetismo è pari a quello di Paperino, per l’uguale capacità che ha il lettore di immedesimarsi nei suoi panni (o peli che dir si voglia). La vera protagonista del film è però la cucina: accuratissima infatti la rappresentazione dei diversi cibi (primo tra tutti il pane, venerato come solo in Francia si può fare e mostrato prima di tutti gli altri alimenti). Gli studi di culinaria e nelle cucine di tutto il mondo, nonché il corso accelerato di cucina a cui si è sottoposto il produttore Brad Lewis al French Laundry (uno dei più raffinati ristoranti del Napa Valley), sotto l’attento tutorato dello chef Thomas Keller, sono evidentissimi nella rappresentazione dei cibi. La stessa scelta delle inquadrature in primissimo piano (e che enfatizzano la scelta narrativa di assumere sempre “il punto di vista di un topo”) permette di rappresentare le pietanze con una perfezione e con un fotorealismo mai visti prima. Se l’animazione viene considerata come la fusione di diverse dimensioni che permettano la soddisfazione di diversi sensi, Ratatouille riesce quasi ad aggiungere quella del gusto, che viene addirittura rappresentato più volte nello schermo, tramite forme geometriche che “ballano” su uno sfondo nero. Tale fotorealismo viene controbilanciato dalle forme estremamente stilizzate degli umani: se infatti “Gli Incredibili” (unico altro film che il regista Brad Bird ha realizzato per la Pixar) si caratterizzavano, nella fase degli storyboard e del reel, per una grafica caratteristica dello studio Warner (basta confrontare il personaggio di Flash con il protagonista de “Il Gigante di Ferro”, Hogarth Hughes) in questo caso il recupero della più classica animazione disneyana, che quarantasei anni fa ha portato al successo un film come “La Carica dei 101”, è evidentissima. L’aspetto grafico complessivo è talmente elaborato ed evoluto, basti pensare che il numero di capelli presente nella testa dei protagonisti umani è pari a quello reale, da riuscire nello scopo più difficile per un film in computer grafica, quello di rendere invisibile l’apporto tecnologico. Sempre confrontando la pellicola con “Gli Incredibili” è interessante inoltre vedere l’evoluzione del personaggio femminile; Ellen Parr/Elasticgirl era una persona il cui super-potere di rendersi elastica, si rifletteva nella sua dote di adattabilità a tutte le circostanze e a tutte le persone e se l’invisibilità della figlia Violetta si armonizzava alla perfezione con il suo carattere introverso, ora in Colette vediamo un personaggio intrepido, che sa guidare in prima persona il rapporto con il protagonista Linguini e che denuncia il patriarcato e le regole maschiliste che vigono nel mondo della nouvelle cousine, diventando la prima donna in carriera di un film animato. Quanto a Linguini, terzo personaggio italiano dopo Luigi e Guido di “Cars”, il suo carattere timido ed insicuro si sposa benissimo con quello di Remi, desideroso di nuove scoperte culinarie e instancabile nel raggiungimento dei propri scopi. Interessante anche il legame del roditore con la sua famiglia, che non condivide le sue ispirazioni e dapprima lo relega ad un ruolo di pubblico servizio, ma che dopo ne rispetta i sogni ed è pronta a venire in aiuto del parente, superando antichi stereotipi. Molto interessante lo sviluppo dei personaggi secondari tra cui spiccano Gusteau, la cui magica presenza fa ritornare alla mente i Classici Disney, anche se con i dovuti cambiamenti e il critico Anton Ego, arricchito nella versione originale da una magistrale interpretazione di Peter O’Toole, chiave risolutiva del film e mezzo tramite il quale evitare un finale banale. Deliziosa e perfettamente adatta la colonna sonora di Michael Giacchino che rende ogni scena estremamente raffinata ed entusiasmante, elaborando lo stesso tema, la fantastica canzone “Le Festin”, in modi sempre diversi e sorprendenti. Quest’aura non viene mai interrotta da parolacce, flatulenze o eruttazioni, e la comicità è sempre di classe riuscendo a far ridere adulti e bambini negli stessi momenti. Per quanto riguarda la morale del film il messaggio contro le catene di produzione potrebbe sembrare un controsenso se detto da aziende globali come la Disney o la Pixar, ma il messaggio lanciato dal film è più indirizzato contro la sottomissione della qualità di un azienda ad un guadagno facile e alla banalizzazione del proprio operato. Ancora più importante per le due case di produzione è la frase ripetuta più volte nel corso del film: “Fin quando guardi il passato, come fai a guardare al futuro?”. Questa frase non può che essere di buon auspicio per il futuro e non può che far sperare per il meglio. Walt Disney disse che “tutto è iniziato con un topo”, sarebbe bello un domani poter aggiungere “e tutto è ricominciato con un topo”.

Andrea (giagia) Giglio.


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GasGas
messaggio 26/10/2007, 13:17
Messaggio #8


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CITAZIONE (giagia @ 26/10/2007, 13:06)
Ratatouille: rinascere con semplicità.
Forse è destino che i topi siano di buon auspicio al mondo dell’animazione, così come Topolino, nel remoto 1928, rappresentò il primo personaggio animato vero e proprio e “Basil l’Invesigatopo” accompagnò la prima applicazione estensiva della computer grafica in un lungometraggio animato, così il piccolo Remi assicura la perfetta fusione tra animazione 2D e 3D animation. Altrettanto veritiero è il parere che, se dai tempi di Toy Story, i film realizzati dalla Pixar hanno sempre avuto scarsi legami con lo Studio Disney, che si limitava a finanziarli e sponsorizzarli, Ratatouille rappresenta il primo film in cui la più classica tradizione disneyana si sposa con la ormai assodata maestria dello Studio Pixar. Di sicuro tale cambiamento è anche dovuto alla recente acquisizione da parte della Disney dello Studio di Emeryville e della recente nomina a capo dello sviluppo creativo della Disney Animation di John Lasseter e fondatore della Pixar stessa, che aveva iniziato la sua carriera proprio nella casa del topo. La vicenda, liberamente ispirata ad un vecchio cortometraggio della Disney (“Il mio amico Beniamino” in cui il piccolo topo Amos incontrava Benjamin Franklin ispirando tutte le sue invenzioni), prende luogo a Parigi, ritratta fotorealisticamente con la cura dei più piccoli dettagli, ma con il rispetto per la magica atmosfera della città sin da quando, dopo una carrellata verticale che sale dalle fogne verso i tetti dei palazzi cittadini, si spalanca sullo schermo con le sue mille luci ( è da notare che Parigi è la prima metropoli europea rappresentata dalla major dopo Sidney ne “Alla Ricerca di Nemo”, il deserto californiano di “Cars” e Mostropoli in “Monsters & Co.”). L’atmosfera calda, dai colori marroni, bianchi e neri, riflette il messaggio del film in favore della tradizione e delle cose semplici e si sposa con un’illuminazione soffusa. Il personaggio protagonista è caratterizzato magnificamente, diviso dall’appartenenza alla sua famiglia d’origine e i suoi sogni di diventare uno chef, apparentemente proibiti ad un topo; il suo magnetismo è pari a quello di Paperino, per l’uguale capacità che ha il lettore di immedesimarsi nei suoi panni (o peli che dir si voglia). La vera protagonista del film è però la cucina: accuratissima infatti la rappresentazione dei diversi cibi (primo tra tutti il pane, venerato come solo in Francia si può fare e mostrato prima di tutti gli altri alimenti). Gli studi di culinaria e nelle cucine di tutto il mondo, nonché il corso accelerato di cucina a cui si è sottoposto il produttore Brad Lewis al French Laundry (uno dei più raffinati ristoranti del Napa Valley), sotto l’attento tutorato dello chef Thomas Keller, sono evidentissimi nella rappresentazione dei cibi. La stessa scelta delle inquadrature in primissimo piano (e che enfatizzano la scelta narrativa di assumere sempre “il punto di vista di un topo”) permette di rappresentare le pietanze con una perfezione e con un fotorealismo mai visti prima. Se l’animazione viene considerata come la fusione di diverse dimensioni che permettano la soddisfazione di diversi sensi, Ratatouille riesce quasi ad aggiungere quella del gusto, che viene addirittura rappresentato più volte nello schermo, tramite forme geometriche che “ballano” su uno sfondo nero. Tale fotorealismo viene controbilanciato dalle forme estremamente stilizzate degli umani: se infatti “Gli Incredibili” (unico altro film che il regista Brad Bird ha realizzato per la Pixar) si caratterizzavano, nella fase degli storyboard e del reel, per una grafica caratteristica dello studio Warner (basta confrontare il personaggio di Flash con il protagonista de “Il Gigante di Ferro”, Hogarth Hughes) in questo caso il recupero della più classica animazione disneyana, che quarantasei anni fa ha portato al successo un film come “La Carica dei 101”, è evidentissima. L’aspetto grafico complessivo è talmente elaborato ed evoluto, basti pensare che il numero di capelli presente nella testa dei protagonisti umani è pari a quello reale, da riuscire nello scopo più difficile per un film in computer grafica, quello di rendere invisibile l’apporto tecnologico. Sempre confrontando la pellicola con “Gli Incredibili” è interessante inoltre vedere l’evoluzione del personaggio femminile; Ellen Parr/Elasticgirl era una persona il cui super-potere di rendersi elastica, si rifletteva nella sua dote di adattabilità a tutte le circostanze e a tutte le persone e se l’invisibilità della figlia Violetta si armonizzava alla perfezione con il suo carattere introverso, ora in Colette vediamo un personaggio intrepido, che sa guidare in prima persona il rapporto con il protagonista Linguini e che denuncia il patriarcato e le regole maschiliste che vigono nel mondo della nouvelle cousine, diventando la prima donna in carriera di un film animato. Quanto a Linguini, terzo personaggio italiano dopo Luigi e Guido di “Cars”, il suo carattere timido ed insicuro si sposa benissimo con quello di Remi, desideroso di nuove scoperte culinarie e instancabile nel raggiungimento dei propri scopi. Interessante anche il legame del roditore con la sua famiglia, che non condivide le sue ispirazioni e dapprima lo relega ad un ruolo di pubblico servizio, ma che dopo ne rispetta i sogni ed è pronta a venire in aiuto del parente, superando antichi stereotipi. Molto interessante lo sviluppo dei personaggi secondari tra cui spiccano Gusteau, la cui magica presenza fa ritornare alla mente i Classici Disney, anche se con i dovuti cambiamenti e il critico Anton Ego, arricchito nella versione originale da una magistrale interpretazione di Peter O’Toole, chiave risolutiva del film e mezzo tramite il quale evitare un finale banale. Deliziosa e perfettamente adatta la colonna sonora di Michael Giacchino che rende ogni scena estremamente raffinata ed entusiasmante, elaborando lo stesso tema, la fantastica canzone “Le Festin”, in modi sempre diversi e sorprendenti. Quest’aura non viene mai interrotta da parolacce, flatulenze o eruttazioni, e la comicità è sempre di classe riuscendo a far ridere adulti e bambini negli stessi momenti. Per quanto riguarda la morale del film il messaggio contro le catene di produzione potrebbe sembrare un controsenso se detto da aziende globali come la Disney o la Pixar, ma il messaggio lanciato dal film è più indirizzato contro la sottomissione della qualità di un azienda ad un guadagno facile e alla banalizzazione del proprio operato. Ancora più importante per le due case di produzione è la frase ripetuta più volte nel corso del film: “Fin quando guardi il passato, come fai a guardare al futuro?”. Questa frase non può che essere di buon auspicio per il futuro e non può che far sperare per il meglio. Walt Disney disse che “tutto è iniziato con un topo”, sarebbe bello un domani poter aggiungere “e tutto è ricominciato con un topo”.

Andrea (giagia) Giglio.
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una fantastica recensione giagia wub.gif complimenti davvero clapclap.gif clapclap.gif clapclap.gif
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GasGas
messaggio 26/10/2007, 13:19
Messaggio #9


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impressionante come gli ultimi film disney puntino a mettere in risalto il futuro rolleyes.gif come nei robinson la frase chiave era keep moving forward rolleyes.gif guarda sempre avanti....sono indizi che lasciano nei film e io li trovo di uno stile incredibile rolleyes.gif
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nunval
messaggio 26/10/2007, 15:30
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Visto ieri sera....che dire? Sono d'accordo con tutti, è un film delizioso, il primo film della Pixar che mi sia piaciuto sul serio e senza alcuna riserva, il primo film Pixar veramente DISNEY assolutamente DISNEY, tutto DISNEY.
Una idea di partenza GENIALE (un topo chef) sviluppata in maniera egregia, brillante, spiritosa ed accattivante, con sequenze eccezionali, colonna sonora azzeccatissima e trama ricca di colpi di scena e sequenze assolutamente irresistibili. Remy si impone come il migliore personaggio Disney degli ultimi anni, dotato di una personalità affascinante, che lo fa immediatamente affiancare agli altri grandi topi di casa Disney (Gas gas, Bernie, Groviera e il nostro adorato Mickey). Walt Disney salvò la sua attività con Topolino, Giac e Gas la fecero rivivere insieme a Cinderella nel dopoguerra ed ora il piccolo, grande chef Remy in un attimo spoglia il cinema d'animazione di tutte le volgarità fracassone e banali parodie degli ultimi anni e ci ridona GRANDI emozioni e GRANDI sentimenti che, personalmente mi mancavano da tempo.
WALT DISNEY è rinato, viva i sorci! clapclap.gif
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GasGas
messaggio 26/10/2007, 16:19
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CITAZIONE (nunval @ 26/10/2007, 16:30)
Visto ieri sera....che dire? Sono d'accordo con tutti, è un film delizioso, il primo film della Pixar che mi sia piaciuto sul serio e senza alcuna riserva, il primo film Pixar veramente DISNEY assolutamente DISNEY, tutto DISNEY.
Una idea di partenza GENIALE (un topo chef) sviluppata in maniera egregia, brillante, spiritosa ed accattivante, con sequenze eccezionali, colonna sonora azzeccatissima e trama ricca di colpi di scena e sequenze assolutamente irresistibili. Remy si impone come il migliore personaggio Disney degli ultimi anni, dotato di una personalità affascinante, che lo fa immediatamente affiancare agli altri grandi topi di casa Disney (Gas gas, Bernie, Groviera e il nostro adorato Mickey). Walt Disney salvò la sua attività con Topolino, Giac e Gas la fecero rivivere insieme a Cinderella nel dopoguerra ed ora il piccolo, grande chef Remy in un attimo spoglia il cinema d'animazione di tutte le volgarità fracassone e banali parodie degli ultimi anni e ci ridona GRANDI emozioni e GRANDI sentimenti che, personalmente mi mancavano da tempo.
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-Remy-
messaggio 28/10/2007, 0:36
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Ragazzi avete pienamente ragione...complimenti ai due critici....io l'ho visto e per me è di una originalità mostruosa....e poi è stato fatto bene....complimenti alla Pixar clapclap.gif clapclap.gif clapclap.gif


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L'AMORE NON VEDE I DIFETTI,L'AMICIZIA LI AMA......
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Mary Poppins
messaggio 28/10/2007, 22:49
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CITAZIONE (MacLo @ 19/10/2007, 23:10)
bhè... c'è poco da dire quando entra in gioco la Pixar...
SSSTTUUPPEENNDDOO!!!!! clapclap.gif  clapclap.gif  clapclap.gif
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Condivido pienamente: è ECCEZIONALE. E pensare che sul modellino di Remì hanno usato decine di migliaia di sensori solo per quanto riguarda l'animazione del pelo! clapclap.gif


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hector
messaggio 11/11/2007, 13:00
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Chi avrebbe mai detto che nella mia vita sarei stato deliziato da un topo in cucina. Per quanto il cinema d’animazione ci abbia insegnato che i topi possono risultare simpatici e trasformarsi in personaggi emblematici – ogni riferimento a Topolino è più che voluto – non c’è nulla da fare, incontrare questi piccoli roditori nella vita reale mi ha sempre trasmesso una sensazione che è un misto di timore e disagio.
Il rischio di un film realizzato in animazione generata al computer è che rappresentando le cose con una qualità più foto-realistica di quanto non farebbe un disegno su carta, l’accostamento sorcio-cibo sarebbe potuto risultare sgradevole. Tuttavia il personaggio di Remy è troppo irresistibile per poterlo guardare con distacco e così dopo qualche inquadratura si viene già catapultati nel suo mondo, se ne diventa parte e non c’è più spazio per fobie e paure. Anzi con il solito meccanismo del cambio di prospettiva, l’uomo dal punto di vista dei topi non risulta, per certi aspetti, meno ripugnante di quanto un topo potrebbe normalmente apparire per un uomo.
Non mi soffermerò troppo a descrivere nel dettaglio i vari aspetti tecnici, perché quando si assiste alla proiezione di un film come questo - tanto per restare in tema culinario - il perfetto dosaggio di ingredienti quali una storia scorrevole, un ritmo incalzante, uno stile grafico impeccabile e dei personaggi squisitamente caratterizzati, crea una pietanza a cui lo spettatore non può fare altro che abbandonarsi irrazionalmente, assaporandola con gusto.
Bella la musica di Michael Giacchino (già responsabile delle colonne sonore de “Gli Incredibili”, della serie televisiva “Lost” e dell’attrazione di Disneyland Paris “Space Mountain – Mission 2”) che fin dall’inizio stabilisce con una facile ma efficace citazione musicale, l’ambientazione della vicenda, e che successivamente rafforza l’atmosfera parigina senza eccedere in una caratterizzazione esageratamente stereotipata e sostiene lo svolgimento dell’azione sullo schermo senza prevaricarla.
La qualità dei fondali e dell’animazione è superba e - riecheggiando il commento di una spettatrice in sala - il mondo che grazie ad essa i realizzatori sono riusciti a ricreare “è più vero della realtà”.
Due sono le riflessioni a cui il film conduce e sono entrambe innescate dal critico gastronomico Ego, personaggio oscuro ed ambiguo tutto da scoprire. La prima riguarda il mestiere del critico d’arte che è sapientemente analizzato e in qualche modo ridimensionato in un monologo cruciale per la storia. I critici hanno come scopo quello di scovare ed esaltare le opere più valide e meritevoli di essere ricordate e tramandate, ma paradossalmente traggono sostentamento dalle opere brutte e meno riuscite, poiché sono queste quelle che danno loro la possibilità di scrivere le recensioni più creative e divertenti. A volte rischiano di dedicare più tempo alla ricerca del brutto piuttosto che rischiare la propria reputazione sbilanciandosi positivamente verso qualcosa di nuovo. Il risultato è che spesso certi talenti restano nascosti e vengono scoperti tardi da generazioni future che forse sono maggiormente pronte all’innovazione o, nei casi peggiori, non vengono scoperti affatto perché eccessivamente controcorrente.
La seconda riguarda l’arte: cosa rende un’opera d’arte memorabile? Quand’è che può definirsi riuscita, se intento dell’arte è comunicare e suscitare emozioni? Il film offre una possibile risposta nascosta in un flashback: ogni uomo possiede un bagaglio di esperienze emotive che affondano le radici nella propria infanzia. Crescendo gli entusiasmi si placano, sentimenti quali quello del stupore e della meraviglia diventano sempre più rari e certe corde emotive smettono di vibrare. Le opere d’arte che riescono a catturare la nostra attenzione sono probabilmente quelle che riescono a sollecitare nuovamente tali corde rievocando, anche se inconsciamente, memorie del passato. Il punto di vista espresso nel film è in accordo con quello di Walt; come Federico Fellini sottolineò una volta: “Disney aveva capito che non esiste un uomo, anche in età avanzata, che non conservi dentro di sé una parte bambina capace di risvegliarsi con gli stessi entusiasmi, lo stesso stupore di fiduciosa meraviglia…Disney si colloca là dove si colloca il senso della stagioni, Chaplin, il Natale, la neve. E’ accettato come qualcosa di non giudicabile…”
I titoli di coda sono stati nobilitati da una affascinante sequenza di animazione tradizionale e dall’applauso – nella sala di proiezione - di un pubblico entusiasta. Erano anni che non sentivo applaudire per un personaggio animato, specialmente per un topo!
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anna
messaggio 11/11/2007, 14:07
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si anche a me mie piaciuto molto..
ciao anna


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http://disneylandfun.forumattivo.info/. E questo e il mio forum che si parla su tutti i parchi divertimento del mondo e c,è pure disneyland. Per entrare dovete iscrivrtvi, e l,iscrizione e gratis.
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-Wendy86-
messaggio 26/11/2007, 0:12
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visto sabato....che dire.....bellissimo!!!
il che per me è strano.....solitamente i pixar non mi fanno impazzire...anzi...a parte alcuni proprio non mi piacciono.

carino specialmente il finale....in un certo senso inaspettato. Almeno per quanto mi riguarda avevo la certezza che alla fine avrebbero continuato a lavorare al ristorante di Gustove con tutte 5 le stelle e con i cuochi che tornavano....e invece
eheheh.gif tracchete eheheh.gif
ristorante chiuso per mancanza di igiene...
bello bello...

e poi, magari sono io che ho la mente che fa dei giri sulle montagne russe, mi è piaciuta la scena in cui il fratello di Remi si fa scoprire da Linguini perchè si strafoga di uva e per prendere l'ultimo acino fa danno......(era uva?'??). Beh, mi ha ricordato troppo Gasgas quando all'ora di colazione vuole assolutamente portare più chicchi di tutti e fa danno...... w00t.gif
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Paperino74
messaggio 26/11/2007, 9:49
Messaggio #17


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Anche a me è piaciuto. Molto di più de Gli Incredibili (a mio avviso il peggior Pixar) e di Cars.
C'è una buona storia e, in alcuni momenti si ride di gusto. Molto divertente anche il corto iniziale, "Stu - Anche un alieno può sbagliare".
La CGI ha fatto passi da gigante e, per quanto riguarda i paesaggi, gli ambienti e l'oggettistica, è arrivata ad una perfezione tale che sembra tutto molto reale, ma non so quanto questo sia positivo, dato che, in realtà, si tratta di un film d'animazione. Se non fosse per i personaggi, sembrerebbe quasi di guardare un live action.
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basil
messaggio 26/11/2007, 16:18
Messaggio #18


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CITAZIONE (hector @ 11/11/2007, 13:00)
Chi avrebbe mai detto che nella mia vita sarei stato deliziato da un topo in cucina. Per quanto il cinema d’animazione ci abbia insegnato che i topi possono risultare simpatici e trasformarsi in  personaggi emblematici – ogni riferimento a Topolino è più che voluto – non c’è nulla da fare, incontrare questi piccoli roditori nella vita reale mi ha sempre trasmesso una sensazione che è un misto di timore e disagio.
Il rischio di un film realizzato in animazione generata al computer è che rappresentando le cose con una qualità più foto-realistica di quanto non farebbe un disegno su carta, l’accostamento sorcio-cibo sarebbe potuto risultare sgradevole. Tuttavia il personaggio di Remy è troppo irresistibile per poterlo guardare con distacco e così dopo qualche inquadratura si viene già catapultati nel suo mondo, se ne diventa parte e non c’è più spazio per fobie e paure. Anzi con il solito meccanismo del cambio di prospettiva, l’uomo dal punto di vista dei topi non risulta, per certi aspetti, meno ripugnante di quanto un topo potrebbe normalmente apparire per un uomo.
Non mi soffermerò troppo a descrivere nel dettaglio i vari aspetti tecnici, perché quando si assiste alla proiezione di un film come questo - tanto per restare in tema culinario - il perfetto dosaggio di ingredienti quali una storia scorrevole, un ritmo incalzante, uno stile grafico impeccabile e dei personaggi squisitamente caratterizzati, crea una pietanza a cui lo spettatore non può fare altro che abbandonarsi irrazionalmente, assaporandola con gusto.
Bella la musica di Michael Giacchino (già responsabile delle colonne sonore de “Gli Incredibili”, della serie televisiva “Lost” e dell’attrazione di Disneyland Paris “Space Mountain – Mission 2”) che fin dall’inizio stabilisce con una facile ma efficace citazione musicale, l’ambientazione della vicenda, e che successivamente rafforza l’atmosfera parigina senza eccedere in una caratterizzazione esageratamente stereotipata e sostiene lo svolgimento dell’azione sullo schermo senza prevaricarla.
La qualità dei fondali e dell’animazione è superba e - riecheggiando il commento di una spettatrice in sala - il mondo che grazie ad essa i realizzatori sono riusciti a ricreare “è più vero della realtà”.
Due sono le riflessioni a cui il film conduce e sono entrambe innescate dal critico gastronomico Ego, personaggio oscuro ed ambiguo tutto da scoprire. La prima riguarda il mestiere del critico d’arte che è sapientemente analizzato e in qualche modo ridimensionato in un monologo cruciale per la storia. I critici hanno come scopo quello di scovare ed esaltare le opere più valide e meritevoli di essere ricordate e tramandate, ma paradossalmente traggono sostentamento dalle opere brutte e meno riuscite, poiché sono queste quelle che danno loro la possibilità di scrivere le recensioni più creative e divertenti. A volte rischiano di dedicare più tempo alla ricerca del brutto piuttosto che rischiare la propria reputazione sbilanciandosi positivamente verso qualcosa di nuovo. Il risultato è che spesso certi talenti restano nascosti e vengono scoperti tardi da generazioni future che forse sono maggiormente pronte all’innovazione o, nei casi peggiori, non vengono scoperti affatto perché eccessivamente controcorrente.
La seconda riguarda l’arte: cosa rende un’opera d’arte memorabile? Quand’è che può definirsi riuscita, se intento dell’arte è comunicare e suscitare emozioni? Il film offre una possibile risposta nascosta in un flashback: ogni uomo possiede un bagaglio di esperienze emotive che affondano le radici nella propria infanzia. Crescendo gli entusiasmi si placano, sentimenti quali quello del stupore e della meraviglia diventano sempre più rari e certe corde emotive smettono di vibrare. Le opere d’arte che riescono a catturare la nostra attenzione sono probabilmente quelle che riescono a sollecitare nuovamente tali corde rievocando, anche se inconsciamente, memorie del passato. Il punto di vista espresso nel film è in accordo con quello di Walt; come Federico Fellini sottolineò una volta: “Disney aveva capito che non esiste un uomo, anche in età avanzata, che non conservi dentro di sé una parte bambina capace di risvegliarsi con gli stessi entusiasmi, lo stesso stupore di fiduciosa meraviglia…Disney si colloca là dove si colloca il senso della stagioni, Chaplin, il Natale, la neve. E’ accettato come qualcosa di non giudicabile…”
I titoli di coda sono stati nobilitati da una affascinante sequenza di animazione tradizionale e dall’applauso – nella sala di proiezione - di un pubblico entusiasta. Erano anni che non sentivo applaudire per un personaggio animato, specialmente per un topo!
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Grrodon
messaggio 11/12/2007, 17:09
Messaggio #19


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Neanche a farlo apposta, nell'anno che vede già alcune avvisaglie di ripresa da parte della Disney, la Pixar, che è un po' un discorso a sé, confeziona quello che è forse il suo film più intelligente, raffinato e perfetto. E pensare che il film era nato proprio come primo parto pixariano indipendente da Disney, ma evidentemente c'è poco da fare: quando due scuole artistiche sono così vicine, sono una figlia dell'altra, è inevitabile che prima o poi si torni a convergere. Ed ecco quindi quello che, a dispetto di una regia di Brad Bird decisamente sopra le righe, è forse il film Pixar più Disneyano tra quelli prodotti negli ultimi tempi. Tempi, che sebbene avessero visto in Pixar una qualità sempre impeccabile, non erano stati in grado di restituire allo spettatore i livelli di stupore e commozione di un Toy Story 2 o un Monsters & co.. Certo, c'era stato quell'Alla Ricerca di Nemo tanto sentimentale e spettacolare, che aveva incantato tutti senza però riuscire a bissare la finezza umoristica dei precedenti lavori, o Gli Incredibili che invece ci era riuscito, perdendo però un po' di mordente sul finale. C'era stato infine Cars che, sebbene tecnicamente perfetto, si era rivelato una mezza delusione un po' per tutti, apparendo come il film forse più "scolastico" uscito dagli studios. A dare uno scossone al tutto ci pensa quindi la storia del topo Remy, diverso dagli altri topi, per via della sua spiccata propensione verso i sapori. E benchè al solo leggerne la premessa si potesse pensare di ritrovarsi davanti al solito film incentrato sul solito microcosmo pseudoanimalesco col solito protagonista desideroso di distinguersi, bastò vederne il primo trailer per rendersi conto che non solo non era così, e il film prevedeva un ruolo piuttosto massiccio per un cast di esseri umani, ma che più di ogni altra cosa non voleva trattare del mondo dei topi, ma di quello ben più grande e variegato della novelle cuisine. Uno scontro tra mondi che era in realtà una maniera piuttosto furba per esprimere, in generale, un'opinione ben precisa sull'Arte e sulle contraddizioni che la contornano.
E benchè molto probabilmente possa apparire tirata per i capelli, tutta la storia di Ratatouille potrebbe riassumere la situazione interna dell'azienda, donando ad ognuno degli elementi che in questi anni vi hanno preso parte un suo ben preciso corrispettivo. E' ovviamente solo una speculazione, perchè sarebbe difficile che la Pixar, che da sempre vuole mostrare una certa autonomia, si metta a farsi gli affari della casa madre, e visto anche che si tratta di argomenti piuttosto universali potrebbero adattarsi a chissà quante altre situazioni. Eppure sarò di parte ma non riesco a non associare la figura di Gousteau a quella di Walt Disney, il grande iniziatore, convinto che chiunque può cucinare. D'altra parte sappiamo benissimo dell'avversione di Walt verso i parrucconi e della sua volontà di rivolgersi al grande pubblico, se possibile esportando la sua arte e donandola al popolo, col rischio di scandalizzare i più snob (come infatti accadde con Fantasia). Abbiamo insomma questa figura ormai mitica che risplendette in un aureo passato, messa invece a confronto con un presente di decadenza in cui la sua eredità ha perso prestigio, e in cui i suoi continuatori, potenzialmente anche molto bravi, ne riproducono lo stile scolasticamente e senza particolari guizzi di genialità. Non è difficile quindi individuare in loro gli abili animatori Disney, che in questi anni di congiuntura hanno un po' brancolato nel buio, privi di una vera guida. Guida che invece cerca di essere la figura negativa di Skinner, nelle cui idee commerciali non è difficile intravedere tutta la politica Eisneriana. Non è proprio possibile non pensare alla losca politica dei cheapquel nelle scene in cui Skinner gestisce gli affari dei cibi surgelati o infanga l'immagine di Gousteau raffigurandolo vestito da cow-boy, da eschimese, da cinese e via dicendo. E una volta assunte queste basi, la metafora non può che andare avanti con un Linguini marionettizzato da un Remy che oltre a ricordare non poco il mediometraggio Il Mio Amico Beniamino, sembrerebbe voler raffigurare proprio la Pixar, unica responsabile dei più recenti successi Disneyani, a partire dal salvataggio in corner dell'altrimenti pessima Zuppa di Linguini (I Robinson) fino alla consacrazione col piatto che - guarda caso - dà il titolo al film, quella Ratatouille, che riesce finalmente a riappacificare l'impero Disneyano con la critica, che in tutti questi anni l'aveva pesantemente snobbato come "roba da turisti".
Ma al di là degli inquietanti parallelismi con la situazione attuale, direi che il film ha ben altro da offrire, a cominciare dalla regia più sopra le righe che mai si sia vista in un lungometraggio animato, e che si colloca a metà strada tra l'arguzia tipica delle serie di Matt Groening (Futurama e I Simpson, a cui lo stesso Bird ha lavorato a lungo) e la magia e il sense of wonder tipicamente Disneyani. Non c'è scena che non si autovalorizzi, con una battuta particolarmente arguta, con un particolare movimento di telecamera, con un'animazione particolarmente ricercata. Sembra che ogni singolo fotogramma sia stato tirato a lucido per avere la resa migliore di sempre, ed è un merito che non si può certo attribuire ad un preciso elemento, visto che è proprio la compartecipazione di ingredienti di livello altissimo che rende tanto appetibile quello che è forse da considerarsi l'apice massimo dell'animazione digitale. Perchè stavolta neanche la plasticosità tipica di questo tipo di animazione è presente, e sebbene la strada intrapresa per animare la figura umana sia la caricaturizzazione estrema vista ne Gli Incredibili, questa resa umoristica è mediata da un intenso gioco di luci e colori, e da una recitazione che definir realistica è dir poco. E l'effetto è grandioso in ogni scena, comunicativo al massimo, esteticamente appagante: gli improbabili nasoni vengono alleggeriti dalla mimica, dal realismo dei movimenti. E' il 3d che finalmente cessa di essere il freddo e imperfetto rimpiazzo del 2d ma una sua validissima alternativa, una tecnica finalmente equivalente e capace di di trasmettere emozioni, di dare una precisa identità stilistica ad un film, di non far rimpiangere più di tanto le aggraziate espressioni facciali tipiche dell'animazione tradizionale. E in tutto questo non si esime dal dare il suo personalissimo contributo la musica di Michael Giacchino, parigizzante al punto giusto e che a sorpresa inserisce dentro - pratica ormai inusitata! - una canzone, la dolcissima Le Festin, che come le care vecchie "canzoni della crescita" descrive il passar del tempo con toni delicati e assai sentiti.
E sebbene già si possa iniziare a parlare di Capolavoro a tre quarti del film, estasiati dalla caratterizzazione irresistibile di gente come Colette o Django, è con l'entrata in scena di Anton Ego che gli eventi precipitano e il terreno viene preparato per quello che è forse il finale più bello mai visto in un lungometraggio d'animazione. Tutto compartecipa per creare l'incanto, dal climax assolutamente impeccabile ed esaltante, che finisce per portare all'estremo il paradosso stesso del ratto in cucina, fino alla caduta di ogni ritegno, nella scena in cui un esercito di topi riesce a sopraffare addirittura l'ispettore dell'ufficio igene. Ed è proprio nel culmine dell'azione che il motivo del titolo verrà spiegato: un particolare gioco di luci, di recitazione, una rapida zoomata ed eccoci catapultati all'interno dell'intimo immaginario di Anton Ego, pronti a cambiare la nostra stessa ottica nei confronti del personaggio e seguirlo nel sentito monologo che conclude il film. Ego si fa portavoce dell'autentica morale di Ratatouille, e lo fa con il più umile mezzo a disposizione di un critico: la recensione. Spiegando il vero significato del motto di Gousteau, non una concezione sminuente dell'arte culinaria ma un invito al ricercare il genio anche nel contesto più umile, ricordando infatti che è la semplicità spesso e volentieri a stare alla base dell'opera più riuscita. Un finale tanto intelligente ed arguto, quanto ben girato, e valorizzato quindi da un sapientissimo utilizzo del mezzo cinematografico. E non finisce qui, perchè è solo dopo tutto questo che verremo veramente a conoscenza del sorprendente esito della vicenda, nei poeticissimi pochi minuti finali della pellicola che ci traghetteranno verso i bizzarri titoli di coda, vero e proprio omaggio all'animazione tradizionale.
E' difficile dopo tutto questo pensare di poter far meglio. Certo, Brad Bird, si conferma grazie a Ratatouille come il miglior regista di film animati del nuovo secolo, un'autentica rivelazione, capace di sincretizzare scuole assai distanti, fondendole in un'opera unica che probabilmente mostra la strada per il futuro dell'animazione. Non sappiamo se le sue acrobazie da istrione della regìa faranno effettivamente scuola in futuro, fattostà che al momento abbiamo finalmente avuto un primo assaggio di opera che mette finalmente d'accordo tutti, pubblico, critica, e spettatori di ogni età, sesso e nazionalità. Perchè, come insegnava Walt Disney, l'alta qualità è l'unico autentico linguaggio universale e assoluto.

da La Tana del Sollazzo


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GasGas
messaggio 11/12/2007, 21:27
Messaggio #20


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finalmente la tua recensione su ratatuille grrodon clapclap.gif clapclap.gif clapclap.gif la stavo aspettando da tempo clapclap.gif bellissma come al solito clapclap.gif clapclap.gif clapclap.gif
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Imagineer
messaggio 12/12/2007, 10:51
Messaggio #21


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Bellissima recensione Grrodon, mi ha fatto commuovere cry.gif .
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basil
messaggio 12/12/2007, 17:45
Messaggio #22


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Anch'io ho trovato il finale assolutamente straordinario, da solo vale il prezzo del biglietto.


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alby_87
messaggio 28/12/2007, 14:22
Messaggio #23


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senza dubbio un capolavoro, mastepiece, senza nessuna storia.

io credo che sia tra i 2 migliori della pixar, insieme ad "alla ricerca di nemo" che finora era il mio preferito.

per ora la mia personalissima classifica pixar è la seguente...

1)ALLA RICERCA DI NEMO
2)RATATOUILLE
3)TOY STORY
4)MONSTERS & CO. (molto bello: l'ho visto senza pretese e ne sono rimasto innamorato)
5)CARS
6)GLI INCREDIBILI (non mi è piaciuto: molti l'avevano pompato a dismisura, è stata una delusione. colpa del doppiaggio totalmente inefficace??)
7)A BUG'S LIFE (è un po' che nn lo rivedo ma lo ricordo noioso e banale... è davvero così?)

di TOY STORY 2 nn ricordo davvero nulla, andrò a rispolverarlo in questi giorni...
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*PuMbA*
messaggio 29/12/2007, 14:35
Messaggio #24


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non avevo ancora fatto nessun commento su ratatouille...e devo dire che mi è piaciuto un sacco!!!! e poi remy...ke bellino wub.gif e troppo tenero!!! bello bello bello! clapclap.gif clapclap.gif
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